Il titolo ancora non c’è n. 2

Anche questo racconto l’ho scritto sullo stesso frammento di Arsenio ma così modificato:

.. sapeva di aver vissuto la vita che aveva veramente voluto vivere….

Cara figlia,

ti scrivo perché  non so come avvicinarmi a te. I miei tentativi  di parlarti li hai respinti duramente, ma non posso arrendermi, almeno senza prima averti spiegato.

Conosco le accuse che mi muovi. Come darti torto! Sono mancato dalla tua vita  per periodi lunghissimi. Ricordo ancora i miei rientri in casa  e il tuo ignorarmi; mi guardavi come ad un estraneo e piangevi se ti prendevo in braccio. Quando cominciavi ad abituarti a me, era tempo che io ripartissi e sparivo per lunghissimi mesi. Ma vedi cara, che la natura umana a volte può essere così come me, perennemente  inquieta e alla ricerca costante di una verità. Io ero e sono questo, un uomo che ha inseguito  i suoi sogni, per i quali ho lottato e sacrificato molto.

Avevo bisogno di  spazi aperti intorno a me, conoscere i miei limiti e superarli, capire il senso della mia vita. Ho preso la mia barca e sono andato per terra, per mare, ho scalato montagne e attraversato deserti. E quando ritenevo la mia impresa troppo facile, aggiungevo difficoltà. Vuoi un esempio? Giro del mondo in barca navigando da est a ovest controcorrente. Qualche volta ho rischiato anche la vita.  Sono rimasto settantuno giorni  su un gommone perso in mezzo al mare perché  un branco di orche marine aveva distrutto la mia barca. Mi sono salvato dall’assalto, ma ho rischiato di morire di fame e di sete. Nel gommone non avevo provviste.

Potrei raccontare per ore le mie storie. E benché  potevano rivelarsi pericolosissime nel giro di pochissimi minuti, per me sono state vita.

Alla conclusione di ogni avventura, rientravo in casa desideroso di rivedervi, di abbracciarvi perché  mi eravate mancate, tu e la mamma, le mie ancore di salvezza nei momenti più critici quando pensavo di non farcela.

Godevo del calore della casa, della sua quiete che assorbivo con ogni fibra del mio corpo, ben sapendo  che dopo qualche tempo, avrei di nuovo sentito il richiamo dell’avventura e sarei partito, leggendo negli occhi di tua madre la comprensione e il dolore e sul tuo volto il broncio perché  ti abbandonavo.

E’ questa la verità, mia cara figlia, ma ti prego ascoltami.

E’ anche questa la nostra natura umana e non possiamo combatterla. Sono stato sempre fedele a me stesso e vorrei tanto con il mio esempio insegnarti che ciò che conta é la volontà di vivere e di non arrendersi. Questo per me é dare un senso alla vita.

Queste sono le parole che avrei voluto dirti per farti capire  perché dovevo tutte le volte partire né rimanendo  avrei potuto darti ciò che tu chiedevi.

Libera il tuo cuore dalla rabbia  e dal dolore di cui é colmo e ascoltalo.

Solo così possiamo riconquistare i nostri ruoli di padre e di figlia e abbandonarci all’affetto che tanto ci é mancato.

Ora sono qui. Il mio richiamo sei tu, mia amatissima figlia. Forse c’é ancora tempo per dipingere una vita completamente nuova su una grande tela bianca.

Tuo padre.

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